Ai fedeli defunti devono esser rese le esequie ecclesiastiche, a norma del diritto. Le esequie ecclesiastiche, con le quali la Chiesa impetra il soccorso spirituale per i defunti e ne onora i corpi, e nello stesso tempo offre ai vivi il conforto della speranza, devono essere celebrate a norma delle leggi liturgiche.
La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; non ne proibisce, tuttavia, la cremazione, tranne che venga scelta per motivi contrari alla dottrina cristiana. Il canone contiene tre norme di carattere generale: il diritto dei fedeli defunti alle esequie ecclesiastiche, il fine delle esequie, l’inumazione delle salme. (… omissis …)
È la pia tradizione cristiana, che risale agli stessi tempi apostolici, d’inumare le spoglie mortali dei fedeli, affidandole alla terra, in attesa della risurrezione finale. La Chiesa è stata finora contraria alla cremazione dei cadaveri, non perchè, fosse vietata dalla legge naturale o dalla legge positiva di Cristo, ma perchè, fin dai tempi della Rivoluzione Francese, i liberi pensatori, i materialisti, gli atei, ne fecero l’espressione settaria della loro religione e del loro anticlericalismo.
La Cremazione venne condannata formalmente (can.1203, Codice 1917), e contro coloro che l’avessero disposta per il proprio cadavere fu comminata la privazione dei sacramenti e delle esequie ecclesiastiche (can. 1240, 1, n. 5, Codice 1917). Si deve alla comprensione pastorale di Paolo VI la modifica di tali norme, attraverso l’Istr. Piam et constantent della S. Congregazione del S. Ufficio, 5 luglio 1963, che dettò le seguenti disposizioni: